Tutti siamo consapevoli della crisi che stiamo attraversando oggi e che ci sta costringendo a cambiare il nostro stile di vita, il nostro lavoro, la socializzazione e la stessa comunicazione. Le scuole, per esempio, hanno chiesto rapidamente ai genitori e insegnanti sprovvisti di creare un indirizzo di posta elettronica. In pochi giorni sono stati creati moltissimi account con questo scopo e sono state scambiate enormi quantità di e-mail, spesso con pesanti allegati (documenti da stampare, file audio per dettati o video).
Tentativi di phishing e altre truffe via e-mail.
Gli attori malintenzionati che operano su internet traggono ovviamente vantaggio dal maggiore utilizzo degli strumenti IT in un ambiente generalmente meno sicuro dell’ufficio. Orange stima che i tentativi di phishing e truffe via e-mail siano aumentati del 600% rispetto ai livelli pre-crisi sui suoi utenti. Gmail, che di solito blocca 100 milioni di tentativi di phishing al giorno, oggi ne tratta 18 milioni in più relativi al contesto e 240 milioni di spam aggiuntivi ogni giorno. Queste e-mail si presentano in varie forme, sebbene generalmente utilizzino meccanismi già comprovati (“Hai perso una chiamata importante relativa alla crisi”, o le truffe con il CEO “Ciao, sono il capo, ho bisogno che tu effettui immediatamente il trasferimento di denaro per l’acquisto di attrezzature igieniche e di protezione”). La novità contestuale è che lo spam offre realmente la possibilità di acquistare questo materiale, che, nella migliore delle ipotesi sarà di scarsa qualità ma per la maggior parte non verrà mai inviato.
L’e-mail massiva non è consigliata in tempi di crisi.
Allo stesso tempo molti brand hanno ritenuto importante inviare e-mail a tutti i loro contatti, anche quelli inattivi da diversi anni, per comunicare che il loro negozio sarebbe rimasto chiuso e che al contrario tutto sarebbe rimasto nella norma. I ristoranti, per esempio, hanno voluto rassicurare i propri clienti sulle loro migliori pratiche per fornire un ambiente di lavoro sicuro e pulito.
Tutto ciò ha contribuito a provocare delle inefficienze nei servizi dei provider di posta elettronica, i quali sono gli stessi utilizzati da insegnanti e genitori, ma anche dai membri del personale sanitario o del governo, per comunicare e lavorare insieme e porre fine alla crisi.
Alcune parole da evitare.
La maggior parte delle truffe e altri attacchi dannosi conteneva le parole chiave del momento, in particolare “mascherina” e “Covid”. Come risultato, per far fronte a questo elevato afflusso di e-mail quasi interamente dannose, i provider hanno deciso di vietare queste parole, temporaneamente o meno, rifiutando queste e-mail o trasmettendole nella casella spam. Questa decisione non è priva di conseguenze poiché alcune e-mail importanti e legittime vanno perse – tuttavia rimane l’unico modo per mantenere efficienti i servizi dei provider.
Parlare di un argomento senza nominarlo è difficile ma non impossibile; avrai notato che nessuna di queste parole fino ad ora è stata menzionata nell’articolo!
Ecco 6 casi per cui l’e-mail non è necessaria se il sito web è aggiornato.
Assicurati che tutte le informazioni pertinenti siano disponibili e facilmente accessibili sul tuo sito, perché è qui che i tuoi clienti andranno per reperire le informazioni più aggiornate (non nelle e-mail).
Successivamente, definisci il motivo principale per l’invio della comunicazione e regola di conseguenza il target.
Inoltre, se il sito web è costantemente aggiornato, potrebbe non essere necessario intervenire con un’e-mail, come nei 6 casi che seguono:
1. Avvisare che il sito e-commerce non è attivo: gli utenti lo vedranno accedendo al sito web.
2. Annunciare le misure adottate per proseguire l’attività: solo i clienti più attivi saranno interessati e dovrebbero poter trovare queste informazioni sul sito web.
3. Comunicare che il sito e-commerce sarà presto riaperto: i clienti più attivi (che hanno cliccato o aperto un’e-mail negli ultimi 3 mesi, o recentemente visitato il tuo sito web) sono i primi interessati poi quelli leggermente meno attivi (dai 3 ai 6 mesi).
4. Riattivare le persone meno attive: sicuramente questo periodo non è adatto.
5. Mantenere la reputazione degli indirizzi IP e dei domini di invio: è sufficiente un volume limitato, purché l’invio sia regolare (uno a settimana).
6. Newsletter abituale: target abituale, anche limitato agli utenti più attivi se possibile.
Se è già inutile e pericoloso inviare comunicazioni all’intero database, nel contesto attuale diventa anche sgradito. In passato, con l’entrata in vigore del GDPR, i numerosi invii hanno causato affaticamento e noia agli utenti, provocando problemi di deliverability a seguito dei numerosi hard bounce e spam. Un’esperienza da non ripetere, soprattutto perché in base ai nostri dati è evidente che coloro che sono inattivi da 6 mesi o più sul canale e-mail, difficilmente effettueranno un acquisto in seguito a un’e-mail, mentre il rischio di lamentele, hard bounce e spam crescerà notevolmente.